giovedì 19 gennaio 2012

Quattro giorni a Teheran

Claudio Fracassi, Quattro giorni a Teheran, Mursia, 2007, p. 372, € 19,00
 
Con la consueta tecnica mista tra romanzo (per la tecnica del racconto) e saggio storico (per l'impostazione del lavoro di ricerca), Claudio Fracassi racconta la prima delle tre Conferenze che si tennero tra i tre Grandi alleati che vinsero la Seconda Guerra Mondiale, Churchill, Roosevelt e Stalin: gli altri due furono quella di Yalta (febbraio 1945) e quella di Potsdam (luglio - agosto 1945). Il summit di Teheran si svolse tra il 28 novembre e il 1° dicembre 1943 e servì a porre le basi per la vittoria Alleata della guerra, per le condizioni di resa (o meglio: per la resa senza condizioni) della Germania nazista, nonché per la futura attribuzione dei confini europei.
Il racconto di Fracassi si snoda, con un montaggio quasi cinematografico delle singole scene, sostanzialmente secondo due filoni principali. Il primo è rappresentato dalle discussioni dei tre Grandi in relazione alla strategia di guerra; il secondo dal tentativo dei servizi segreti tedeschi di mettere in piedi un attentato per eliminare i tre leader dei paesi alleati, o almeno uno di loro.
Sul primo versante, il nodo della questione fu l'organizzazione dell'operazione Overlord, ovverosia l'apertura di un secondo fronte in Europa occidentale (oltre a quello già aperto in Italia dallo sbarco in Sicilia del luglio 1943), per impegnare la Wehrmacht a ovest e dare un po' di respiro alle avanzanti ma esauste truppe sovietiche ad est. L'operazione Overlord - che poi si tradusse nello sbarco in Normandia del 6 giugno 1944 - era avversata da Churchill, che avrebbe preferito concentrare gli sforzi bellici sul Mediterraneo e nei Balcani, mentre era fortemente caldeggiata da Stalin ed anche da Roosevelt, il quale tuttavia diveva tenere a abda una parte dei propri capi militari, che premevano per intensificare l'offensiva nel Pacifico contro il Giappone.
I tre leader si intesero piuttosto bene, a dispetto delle differenze anche notevoli di concezione politica: tra Churchill - intimamente conservatore ed accanitamente anticomunista - e Stalin, capo ormai incontrastato dell'impero rosso, correva una notevole simpatia personale, forse dovuta anche alla predilezione di entrambi per le bevande alcoliche: il primo prediligeva il Cognac, mentre il secondo, ovviamente, la vodka. Il presidente americano, si ritagliò un ruolo di mediatore ed alla fine, come sappiamo, riuscì a far prevalere la tesi staliniana di uno sbarco sulle coste francesi.
Anche sul piano dell'attentato preparato dai servizi segreti germanici - lo SD di Walter Schellenberg e l'Abwehr dell'ammiraglio Wilhelm Canaris - sappiamo come andarono le cose: ma come fallì l'operazione Lungo Salto (o Salto in lungo) ce lo racconta Fracassi, rendendo interessante il dipanarsi della vicenda in una Teheran, capitale di un paese formalmente neutrale rispetto alla guerra, diventata un intricato reticolo di spie di tutte le nazionalità.

Nessun commento:

Posta un commento