sabato 28 gennaio 2012

Comica finale

Kurt Vonnegut, Comica finale, Elèuthera, 1998, p. 238, € 15,00
Nell'aprile del 2007, quando morì Kurt VonnegutMichele Serra su Repubblica gli dedicò la sua rubrica L'amaca, scrivendo che era morto un grande scrittore ed invitando a leggere le sue opere. Diceva che i suoi romanzi più noti sono Mattatoio n. 5Ghiaccio nove e La colazione dei campioni, ma consigliava chi non avesse ancora letto niente dello scrittore americano, a cominciare da Comica finale. Io ho fatto così e ne sono rimasto deluso. Ho letto un romanzo postmoderno, che brulicherà pure di idee, come scrive Goffredo Fofi nella prefazione, ma lascia interdetti ed insoddisfatti. Nell'ambito della dissoluzione del mondo, e degli Stati Uniti in particolare (che si frammentano in una serie di staterelli medievali, come il Regno del Michigan e il Ducato dell'Oklahoma), si racconta la storia del personaggio deforme William Giunchiglia-11 Swain, essere mostruoso e quasi neanderthaliano, che assurge alla carica di ultimo Presidente degli USA. Ma il libro non decolla e non riesce ad emozionare neanche nelle ultime pagine, nelle quali l'assurdo sfacelo di un'umanità ormai ridotta dalle guerre e dalle malattie (la terribile Morte Verde) allo stato brado lascia intravedere qualche briciola d'umanità nella persona di una bambina che si è portata dietro, lungo un viaggio allucinante tra le rovine americane, il candeliere di Dresda, novello Sacro Graal di una civiltà ridotta al lumicino.
Sia chiaro: Comica finale non fa ridere. Come anticipa Vonnegut nelle prime pagine del libro, il titolo è dovuto, sì, alle comiche di Stanlio e Ollio, ma perché i due personaggi, nelle loro patetiche avventure, qualsiasi cosa stessero facendo, ci mettevano tutti sé stessi, andando inevitabilmente incontro ad un tragico fallimento.

Nessun commento:

Posta un commento