Enrico Deaglio, Il raccolto rosso 1982 - 2010, Il
Saggiatore
Quasi trent'anni di mafia - il che significa stragi,
delitti, estorsioni - raccontati da Enrico Deaglio, un giornalista torinese che
per meglio comprendere il fenomeno mafioso ha vissuto a lungo in Sicilia. Il
libro è suddiviso in due sezioni, perché la prima era già uscita come libro
autonomo relativamente al periodo 1982 - 1993, in sostanza dall'omicidio del
generale Dalla Chiesa all'arresto di Totò Riina, dopo il biennio rosso di
sangue 1992 - 1993.
Ma Deaglio racconta anche la genesi della scalata al
potere dentro Cosa Nostra da parte dei corleonesi, guidati prima da Luciano
Liggio e poi da Riina e Provenzano, con le stragi del 1981 che fanno piazza
pulita della vecchia generazione dei boss mafiosi, tra i quali sopravvive
soltanto «il papa» Michele Greco.
Deaglio stigmatizza qualche vecchio modo di dire che
ha avuto successo per un periodo troppo lungo, con effetti indubbiamente
deleteri. Un esempio: il dire che la mafia è un modo di pensare e di
comportarsi, mentre è essenzialmente un'organizzazione criminale dedita
all'ottenimento di un ingiusto profitto (oltre alla perpetuazione di sé stessa)
attraverso sistemi illeciti.
Nell'appendice, curata
dal giovane collaboratore di Deaglio, Andrea Gentile, è riportato anche il
famoso monologo pronunciato dallo zio del protagonista (Paolo Bonacelli) nel
film Johnny Stecchino (1991) di Roberto Benigni, dove vengono elencate le tre
piaghe che affliggono la Sicilia: l'Etna, la siccità e il traffico. Magari
fosse possibile che una risata seppellisse anche la mafia.