domenica 22 febbraio 2015

Michel Houellebecq, Sottomissione

Michel Houellebecq, Sottomissione, Bompiani, 2015, pp. 252, € 17,50

«L'ambizione possente di Michel Houellebecq è di leggere il mondo attraverso l'economia e l'umanità attraverso il sesso, ossia di decodificare l'universo tramite le relazioni di scambio, confinando al fanatismo e all'amore le uniche possibilità di errore, i soli scostamenti non prevedibili dal risultato atteso».
Questo non è un mio commento originale a Sottomissione (2015) di Houellebecq, ma un estratto della recensione di un critico, Simone P. Barillari, scritta nel 2001 a proposito di un altro libro dello scrittore francese, Piattaforma nel centro del mondo. Molte delle parole poste dal critico a commento di questo precedente romanzo di Houellebecq possono fungere da (parziale) chiave di lettura anche per Sottomissione. E perfino quanto fu scritto riguardo a Piattaforma nel centro del mondo ed oggi non si può ripetere per Sottomissione - perché i fatti e gli anni non passano invano né gli scrittori possono sempre scrivere lo stesso libro (sebbene taluni lo facciano per un'intera vita) - può essere utile a capire meglio il romanzo del 2015. Scriveva infatti Barillari all'epoca, a proposito di Piattaforma nel centro del mondo, che «diventano marginali e irrilevanti politica e arte, tutta la tecnologia e le fondamenta stessa (forse dovrebbe leggersi stesse, n.d.r.) della storia: miserabili dati non significativi all'equazione di un mondo che ha nel suo destino "di assomigliare sempre di più a un aeroporto"». Da questo punto di vista, Houellebecq ha cambiato totalmente opinione o, in ogni caso, propone in Sottomissione un mondo - la Francia, ma il contesto internazionale descritto è estendibile almeno all'intero occidente - profondamente influenzati dalla politica (dimensione collettiva) e dall'arte (dimensione individuale). Mi sembra altrimenti impossibile, prescindendo dalle dinamiche politiche, anche brutalmente elettorali, capire il nuovo romanzo del romanziere francese e il suo personaggio principale senza considerare la stella polare rappresentata dallo scrittore Joris Karl Huysmans, il rappresentante maggiore, nell'ambito della narrativa, del Decadentismo letterario francese.
C'è un'altra frase, scritta dal critico Barillari a commento di Piattaforma nel centro del mondo, che può addirittura vedersi come filo conduttore per Sottomissione: «Irruzione del fanatismo religioso nell'ambito della prima rigorosa applicazione dell'economia di mercato alla sessualità». Il protagonista è infatti un professore universitario parigino di Letteratura moderna alla Sorbona, specializzato in Huysmans, che passa da una relazione all'altra con le studentesse del suo corso di studi, vivendo nel contesto privilegiato e un po' ovattato di una prestigiosa università della capitale di un grande paese occidentale. Questa situazione dura finché non si verifica un fatto - forse nei precedenti romanzi di Houellebecq si sarebbe trattato di un puro accidente? - tutto sommato imponderabile: la vittoria alle elezioni presidenziali del partito musulmano, grazie alle abili manovre e prese di posizione del suo leader Mohammed Ben Abbes. Siamo nel 2022 e quella di Houellebecq è tecnicamente una distopia letteraria. Bisogna peraltro riconoscere che raramente uno scrittore ha pubblicato un romanzo in un momento storico più appropriato, seppure in senso tragico. Sottomissione è infatti stato pubblicato il 7 gennaio di quest'anno (in Italia è uscito il 15), lo stesso giorno dell'orribile attentato di Parigi al settimanale satirico Charlie Hebdo.
Com'è ovvio, il romanzo non dà - né vuole dare - un'ipotesi di soluzione, a meno che non s'intenda per tale la sottomissione del titolo, sulla scia della svolta mistica dell'ultimo Huysmans, piuttosto solleva anche dal punto di vista ideologico e letterario una questione attuale già oggi e che non potrà non avere conseguenze sociali e politiche nell'immediato futuro di tutti noi europei. Houellebecq è uno scrittore abile, intelligente e intellettualmente stimolante. La sua è indubitabilmente Letteratura, merce sempre più rara nel panorama dell'attuale narrativa europea. Sottomissione non è, secondo me, un romanzo privo di difetti, che risiedono soprattutto in una troppo repentina accettazione da parte di tutta la società francese delle nuove regole imposte dal regime musulmano/socialista del Presidente Ben Abbes: molti professori universitari si adeguano subito e per opportunismo alla conversione all'Islam e abbracciano la poligamia. Un paese fucina di elaborazione ed espressione politica (anche in termini di manifestazioni di piazza) come la Francia, per di più descritto qui con una grande fetta dell'elettorato orientata a destra, non potrebbe piegare la testa a mutamenti politici e istituzionali, nonché di costume, di tale portata. Del resto,  questo è stato testimoniato anche dalle recenti dimostrazioni seguite alla strage del Charlie Hebdo. Ciò non toglie, tuttavia, che Sottomissione sia uno dei non moltissimi romanzi di recente uscita da leggere assolutamente. Anche perché non deve essere abbandonata quella specie in via d'estinzione che si chiama Letteratura, ciò che ancora può farci riflettere se la scelta finale del protagonista di Sottomissione sia la logica conseguenza dell'adozione del percorso seguito dal maestro Huysmans, o se, come scrive ancora Barillari al termine della sua recensione di Piattaforma nel centro del mondo, non costituisca una dichiarazione «di nauseata resa al nulla».

martedì 17 febbraio 2015

Francesco Guccini, Dizionario delle cose perdute

Francesco Guccini, Dizionario delle cose perdute, Mondadori, 2013, pp. 142, € 9,50.

Avevo in precedenza letto il libro di Guccini successivo a questo, vale a dire il Nuovo dizionario delle cose perdute e devo ammettere che in questo caso la seconda opera è migliore della prima. Evidentemente, l'esperienza ha permesso al cantautore toscoemiliano (lo definisco così per l'infanzia trascorsa nella frazione pistoiese di Pàvana, dove ricevette l'imprinting) di aggiustare il tiro. Ciononostante, tra le "cose" elencate e raccontate da Guccini ve ne sono alcune, come al solito, interessanti e divertenti. Tra queste, mi colpisce in particolare il capitolo dedicato, tra i giochi di una volta, al crocchiaballe, che è nella sostanza la stessa arma che usavamo da bambini anche noi e che non ero mai riuscito a trovare da altre parti e cioè la bugìttola. L'unica differenza con il crocchiaballe gucciniano è che questo voleva come proiettili delle palline di stoppa, mentre noi usavamo le ghiande.

Un'operazione «color nostalgia» come le stoviglie di Incontro, allo scopo di non perdere la memoria di piccole e grandi "cose" che hanno silenziosamente fatto parte delle nostre vite e che altrettanto silenziosamente sono scomparse nei meandri del tempo.

lunedì 16 febbraio 2015

Giacomo, fratello di Gesù

Claudio Gianotto, Giacomo, fratello di Gesù, Il Mulino, 2013, pp. 144, € 13,00


Quando ho parlato a mia madre di Giacomo, fratello di Gesù, lei ha commentato «è una specie di Il codice Da Vinci, insomma». E invece no, tutt'altro. Claudio Gianotto non è un romanziere d'assalto, interessato all'esoterismo, alle trame segrete dell'alta finanza e a scalare le classifiche di vendita, bensì un serissimo professore universitario di Storia del Cristianesimo. È infatti ormai assodato che Gesù ebbe dei fratelli, il più influente dei quali fu appunto Giacomo, detto il Giusto. Fu quest'ultimo a prendere le redini del movimento alla morte del fondatore, almeno fino a che, tra i seguaci del Cristo, prevalse quella che potremmo definire l'ala petrina e paolina. Se, infatti, il Cristianesimo nacque e si sviluppò all'interno dell'Ebraismo, con il suo diffondersi attraverso l'Impero Romano entrò in contatto con gli aderenti a tutti gli altri culti professati in quello Stato, e in particolare con la parte più numerosa, cioè con i cosiddetti pagani. Era inevitabile che, non fosse altro che per ragioni puramente numeriche, la porzione di Cristiani di origine ebraica diventasse ben presto minoritaria. E quindi i contrasti dottrinari e pastorali tra Giacomo da una parte e Paolo dall'altra videro un'iniziale prevalenza del primo, ma nella storia della Chiesa è stato il secondo a prevalere nettamente e definitivamente. Questo è tanto vero che di Giacomo il Giusto si è perfino persa la memoria, anche tra coloro che praticano i riti cristiani in generale. Molti lo confondono ormai con il discepolo conosciuto come Giacomo il Maggiore e invece era uno dei figli di Maria, o forse di Giuseppe, insomma, fratello vero di Gesù.