Pier Maria Bocchi, Invasion U.S.A., Bietti, 2017
Gli anni Ottanta al cinema sono stati il periodo in cui
alcuni autori dei decenni precedenti sono rimasti pressoché fuori dai giochi o
sono stati comunque fortemente ridimensionati, come Arthur Penn, ma hanno anche visto autori già affermati riuscire a
traghettarsi nel nuovo decennio magari mutando pelle e mantenendo un alto
standard artistico e un buon successo di pubblico: è il caso dei già citati Scorsese (che con Il colore dei soldi porterà Paul
Newman al suo primo premio Oscar) e Woody
Allen, ma anche di Brian De Palma,
autore, con Scarface, di uno dei film
più iconici del periodo.
L'excursus di Bocchi,
inevitabilmente incentrato sulla figura del presidente Ronald Reagan, in carica dal 1981 al 1989 (il suo ex presidente Bush senior gli succedette il 20
gennaio di quell'anno) e della sua politica interna (le reaganomics) ed estera, individua le linee fondamentali del cinema
americano di quegli anni, dal fiero anticomunismo delle saghe con Stallone protagonista all'esplosione
fumettistica dei primi lavori con al centro Schwarzenegger, dalle commedie più o meno sentimentali (Ritorno al futuro e Harry ti presento Sally) ai filmoni lacrimosi tipo Voglia di tenerezza e La mia Africa. Ma l'analisi del critico
non trascura la politica industriale che si muove intorno e dentro al cinema,
dai grandi fallimenti di alcune storiche major ad acquisti, incorporazioni ed
altri movimenti delle compagnie cinematografiche, fino all'arrivo e all'uscita
di scena di produttori aggressivi e voraci come i capi della Cannon Golan e Globus.
In questo contesto, Bocchi
sfata dei miti (quello del cinema cosiddetto "patinato"), traccia
percorsi umani e artistici, mostra da quali genitori nascono gli Ottanta e
quali figli genereranno negli anni Novanta (il capitolo intitolato come un
vecchio film, America, America, dove vai?)
e comunque esplora un decennio che effettivamente non ha lasciato finora
moltissimi nostalgici ed è stato davvero poco studiato, almeno dalle nostre
parti.