mercoledì 31 luglio 2013

L'ultima trovata

L'ultima trovata. Trent'anni di cinema senza Elio Petri (a cura di Diego Mondella), Pendragon, 2013, € 16,00.

Non un volume completo su Elio Petri, morto nel 1982 a 53 anni, ma un bilancio su cosa sia rimasto della sua eredità cinematografica e una riflessione su alcuni suoi film, tra quelli più celebrati e quelli da rivalutare, con particolare riferimento a La decima vittima, La proprietà non è più un furto e Buone notizie. Non vengono invece considerati per niente film come Il maestro di Vigevano e Un tranquillo posto di campagna, quest'ultimo probabilmente il punto meno elevato della carriera di Petri, mentre il film con Sordi è probabilmente da considerare un'opera su commissione e quindi poco personale.
L'ultima trovata, il titolo, era una caratteristica del regista romano, basti pensare al finale di uno dei suoi lavori più noti, La classe operaia va in paradiso, dove la trama si conclude con la riassunzione di Lulù Massa nella fabbrica da cui era stato licenziato; ma vi è l'ultima trovata di Petri (e Ugo Pirro, suo sceneggiatore), quella del racconto del sogno del Militina da parte di Lulù. Una sequenza emblematica di tutto il cinema petriano, rispetto al quale questo volume costituisce un punto di riferimento, allo scopo di ricordare un artista del nostro cinema (anche premiato con l'Oscar per il film straniero con Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto), che è stato troppo dimenticato nei trent'anni trascorsi dalla sua morte.

lunedì 8 luglio 2013

L'ultima parata di Moacyr Barbosa

Darwin Pastorin, L'ultima parata di Moacyr Barbosa, Mondadori, 2005, pp. 92.

Darwin Pastorin
Un uomo e il silenzio che ha cominciato a circondarlo in un preciso momento della sua vita. Da quando ha subito il secondo gol in una partita di calcio, la finalissima dei Campionati Mondiali del 1950, a Rio de Janeiro, nello stadio del Maracanà. Un uomo che si trasforma da portiere della squadra a una sorta di paria, di intoccabile, di innominabile. Anzi, Moacyr Barbosa diventa nominabile soltanto nelle locuzioni negative, del tipo "farai la fine di Barbosa".
Barbosa era il portiere della nazionale di calcio brasiliana nella partita del 16 luglio 1950, che in Brasile è rimasta famosa come "il disastro del Maracanà", quando la nazionale verdeoro incontrò l'Uruguay, in un match nel quale ai padroni di casa bastava anche un pareggio per aggiudicarsi la Coppa Rimet, un trofeo che tutti brasiliani davano già per acquisito. E invece la nazionale uruguagia vinse per 2 a 1 in rimonta e il trofeo finì a Montevideo. Di quel disastro, fu incolpato soprattutto il protagonista di questo libro del giornalista italo-brasiliano Darwin Pastorin, a dimostrazione che se nel calcio c'è un errore irrimediabile, è quello del portiere.
L'autore del libro riflette, in termini anche poetici, secondo la lezione giornalistica appresa da un Maestro come Gianni Brera, sul destino di un calciatore immeritatamente assurto al ruolo di colpevole di una disfatta storica, che ha dovuto scontare per il resto della sua lunga vita.
Per la verità, se si considera la sua carriera di portiere, Barbosa è stato un vincente: sette campionati tra quelli di Rio e San Paolo e una Coppa dei Campioni Sudamericana con il Vasco da Gama, più un Campionato Sudamericano con la nazionale, ma non è mai riuscito a togliersi di dosso l'onta del "Disastro del Maracanà", che colpì tutti e undici i giocatori scesi in campo quel giorno contro l'Uruguay, ma soprattutto lui.