Questo libro di Tommaso Labranca, scrittore milanese tropo
presto scomparso (nel 2016), è un atto d'amore. Un atto d'amore verso un film,
il suo film preferito, il film che ha visto più volte nella sua vita. Il film
in questione è la commedia Il vedovo
(1959) di Dino Risi, con Alberto Sordi e Franca Valeri, al proposito del quale devo dire di non avere mai
incontrato nessuno che non lo conoscesse.
Prima di scrivere
questo libro, Labranca ha rivisto il
film ancora diverse volte, o meglio, lo ha dissezionato, come ammette nel
sottotitolo "Dissezionando Il vedovo",
visionandolo fotogramma per fotogramma. In questo modo, lo scrittore - che non
è un critico cinematografico di professione né aspira ad esserlo - analizza per
il lettore il contesto nel quale il film fu realizzato ed in cui fu visto nelle
sale cinematografiche. Dalla prima sequenza, ambientata ai piedi della Torre
Velasca di Milano fino all'ultima che ha luogo durante il funerale del
protagonista, lo scrittore rivela riferimenti culturali e cronachistici dei
momenti più ricordati e mette in risalto i particolari meno noti. Tutti, per
esempio, ci ricordiamo dell'appellativo con il quale l'Elvira si rivolge al
marito («cretinetti!»), ma non tutti ricordano o sanno che la figura di questo
spiantato industriale romano trasferitosi a Milano era ispirata a Giovanni
Fenaroli, protagonista all'epoca di un celebre caso di cronaca nera.
A me, del Vedovo, erano sempre rimasti in mente la
sequenza della veglia funebre nel casale di campagna, con la vecchietta seduta che
ad ogni passaggio di Alberto Sordi
mormora «era tanto bbuona!» e la frase finale della moglie rediviva «cosa fai,
cretinetti, parli da solo?», nonché lo schiaffo di rabbia e frustrazione
affibbiato dal protagonista all'allampanato giovanotto accompagnato dalla madre
alla festa per il ritorno dell'Elvira.
Tommaso Labranca (1962-2016) |
Una scena del film "Il vedovo" |