mercoledì 12 febbraio 2014

James Leo Herlihy, Un uomo da marciapiede

James Leo Herlihy, Un uomo da marciapiede, BEAT, 2013, p. 211, € 12,90
Capita spesso che da romanzi belli siano tratti film mediocri e viceversa. Quello di Un uomo da marciapiede è uno di quei casi, abbastanza rari, in cui libro e film sono sullo stesso livello, che per entrambi è molto alto. Non saprei dire quale delle due opere sia migliore, pur nel rispettivo, diverso, ambito.
Nel libro ci sono "più cose", più fatti, più antefatti, più retroscena. Il film è, per sua natura, più sintetico e diretto: spesso, anzi, l'abilità del regista consiste proprio nel suggerire determinate vicende in maniera ellittica.
Herlihy (1927 - 1993), autore poco conosciuto dalle nostre parti, autore di un numero limitato di opere (tre romanzi, qualche dramma e un paio di raccolte di racconti), dimostra con questo romanzo di essere uno scrittore vero. Un uomo da marciapiede è infatti un vero romanzo di formazione, che stempera la sofferenza di una vita dura nel valore dell'amicizia, di un'amicizia vera, non fatta di convenienza, che è occasione di tirare fuori la generosità e una sorta di sentimento materno per l'amico più debole: quello stesso sentimento materno che al protagonista Joe Buck, un giovanottone buono e prestante ma non molto intelligente, era sempre mancata, fin da quando la mamma l'aveva lasciato in custodia ad una nonna buona e svampita. Dell'infanzia, Joe Buck si porta dietro soltanto il rimpianto per la nonna morta mentre lui è militare e l'immagine del cowboy, quella dell'unico "fidanzato" della nonna che gli aveva dimostrato un po' di affetto. E per questo, vestito da cowboy, attraversa l'America per proporsi come gigolò ad attempate signore cittadine. Salvo accorgersi che questo suo progetto di vita è frustrante e destinato al fallimento. Con ogni probabilità, Joe riuscirà a crescere soltanto riversando tutto l'affetto e tutta la tenerezza che, pure, si porta ancora dentro, sull'amico "Zozzo" Rizzo, più sfortunato di lui.
Un grande romanzo, che vive delle sagaci, sentite, ironiche, patetiche osservazioni dell'autore su personaggi che ama talmente da essere in grado di prenderne le distanze.

lunedì 3 febbraio 2014

Fabio Melelli, Orchidea De Santis

Fabio Melelli, Orchidea De Santis, Coniglio Editore, 2003, pp. 108

Qualche anno fa, commentando un film (si trattava di La dottoressa sotto il lenzuolo) su un blog, scrissi che Orchidea De Santis non si spogliava, mentre le altre due attrici (Karin Schubert ed Ely Galleani) lo facevano anche troppo. Un fan spagnolo della De Santis glielo disse e lei mi rispose risentita. Alla fine le chiesi se pensava che le offrissero le parti in certi film per le sue capacità recitative. Però mi venne la curiosità di leggere questo librettino, un po' interessante e un po' no... una curiosità d'epoca, insomma.