lunedì 8 ottobre 2012

Adriano Prosperi, L'eresia del libro grande, Feltrinelli, 2011 (2000), pp. 490, € 14,00
La vicenda ricostruita nel libro del professor Prosperi, che porta il sottotitolo Storia di Giorgio Siculo e della sua setta, può avere come termine iniziale il 1517. Quest'anno è quello della pubblicazione delle famose 95 tesi da parte di Martin Lutero ed è anche l'anno di nascita di Giorgio Rioli, monaco benedettino meglio noto come Giorgio Siculo.
Altro momento importante della vicenda del siculo è la pubblicazione del libro Il beneficio di Cristo, avvenuta nel 1542. Si tratta di un libro fondamentale, in quanto può essere considerato il testo fondativo della riforma italiana, un movimento che prendeva le mosse da alcune istanze portate avanti da Lutero e, in maniera ancora più radicale, da Calvino, in materia di giustificazione della salvezza. Il dibattito sulla giustificazione era nato sull'onda della critica fatta da Lutero alla vendita delle indulgenze, ma investiva ormai un ambito più ampio, prettamente teologico. Esso verteva sulla salvezza dell'uomo dal peccato e dalla sua possibilità di accedere alla vita eterna: detto in poche parole, i luterani (e gli altri protestanti in genere) sostenevano che il sacrificio del figlio di Dio era sufficiente a redimere l'uomo dal peccato, seppure in un contesto di predestinazione (più o meno radicalizzato, a seconda delle differenti dottrine), indipendentemente dalle sue opere; la dottrina cattolica prevedeva invece che l'uomo dovesse collaborare alla propria salvezza, mediante le opere (anche di carità). La discussione affondava le proprie radici nelle controversie dei primi anni del Cristianesimo ed in particolare nella discussione teologica tra Sant'Agostino (propendente per un certo grado di predestinazione) e Pelagio, il quale sosteneva che il sacrificio di Cristo aveva avuto il ruolo di buon esempio, tale da bilanciare il cattivo esempio dato da Adamo con il peccato originale, ma non di salvare di per sé l'uomo, che ha ancora la facoltà di scegliere tra il bene e il male (libero arbitrio).
Altro momento fondamentale, per il pensiero e l'azione del Siculo fu l'indizione, da parte del papa, di un concilio ecumenico (quello che poi passò alla storia come il Concilio di Trento), foriero di grandi aspettative di rinnovamento per la Chiesa e successivamente produttore di grandi delusioni, poiché a conclusione di esso la Chiesa scelse la via della repressione del dissenso, attraverso uno strumento tristemente famoso: il tribunale della Santa Inquisizione.
Ulteriore elemento essenziale per l'uscita allo scoperto di Giorgio Siculo fu un evento apparentemente secondario, oggi totalmente dimenticato, in quanto relativo ad un personaggio che nessuno conosce: la morte del giureconsulto Francesco Spiera, originario di Cittadella, vicino a Padova. Quest'uomo aveva aderito alle idee della Riforma Protestante; arrestato dall'Inquisizione ed obbligato ad abiurare, si pentì di avere abiurato, riconoscendo che la vera fede era quella cui aveva aderito in precedenza e si lasciò morire d'inedia, nella convinzione di essere irrimediabilmente dannato per l'eternità.
Giorgio Siculo cominciò la diffusione del suo pensiero attraverso epistole e discorsi, poi scrisse quello che i suoi discepoli definirono "il libro grande". Nelle sue opere attaccava violentemente i luterani, anche per la teoria della predestinazione ed apparentemente difendeva il papato, ma, presa nel suo insieme, la dottrina del monaco siciliano è una delle eresie più radicali che siano mai state concepite, assai vicina alle tesi anabattistiche (posizioni teologiche che sconfinavano in una visione politica di natura protocomunistica), con un aspetto che rendeva le teorie del Siculo ancora più insidiose: oltre al fatto che il profeta siciliano sosteneva di avere avuto la rivelazione direttamente dal Cristo, egli invitava i suoi seguaci a tacere e a fingere un'apparente adesione alla dottrina ufficiale della Chiesa Cattolica, in attesa di tempi migliori. Tempi che i discepoli del Siculo continuarono ad attendere anche dopo che il loro profeta fu impiccato ed arso sul rogo come eretico, a Ferrara, il 22 maggio 1551, confidando che Giorgio resuscitasse, novello inviato da Dio sulla  terra.
Adriano Prosperi, con prosa elegante, ricostruisce una vicenda che, dopo la condanna del Siculo, la Chiesa cercò di cancellare, distruggendo non solo le opere dell'eresiarca, ma anche i verbali dei suoi processi e perseguendo i suoi discepoli e seguaci fino alla fine del secolo. Il cattedratico della Normale di Pisa adempie alla perfezione al suo compito di storico/ricercatore di documenti talvolta ritenuti perduti e di divulgatore appassionato e competente. Questo libro è una perla preziosa, da leggere per capire qualcosa della nostra Storia e della storia del nostro paese e del nostro pianeta.

mercoledì 3 ottobre 2012

Il potere e la gloria

Graham Greene, Il potere e la gloria, Mondadori, 2002 (1940), pp. 265, € 9,00.

«Semel abbas, semper abbas» dicevano gli antichi. Abate per una volta, abate per sempre. Così sono anche i preti del Messico rivoluzionario degli anni Trenta, dove per decreto governativo è stato abolito il clero, costretto ad abiurare la propria professione di fede e di vita consacrata, avendo come uniche alternative la fuga o la fucilazione. Cattivo prete, il padre Juan, protagonista del Potere e la gloria, decide di resistere e di fuggire di fronte alla determinazione di un tenente della milizia di catturarlo per metterlo al muro. Braccato dalle autorità e perseguitato da un rimorso inamovibile per i gravi peccati commessi, Juan fugge attraverso un paese ostile, che nasconde insidie ad ogni passo, poiché sulla sua testa pende una taglia che fa gola ai campesinos miserabili che incontra sulla sua strada. Considerato un traditore da parte delle autorità messicane, il prete sa di esserlo nei confronti della propria missione sacerdotale e quindi è consapevole di meritare la pena capitale che è stata decretata per lui. Attraverso la figura di questo prete, Greene, inglese convertito al cattolicesimo intorno ai ventidue anni, descrive l'eterna lotta tra bene e male e riscopre la fondamentale tematica religiosa, che attraversa la storia del Cristianesimo in tutta la sua lunghezza - partendo da Sant'Agostino e Pelagio e passando per Lutero ed Erasmo da Rotterdam - della predestinazione e del libero arbitrio.
Il potere e la gloria sono due termini che dovrebbero contraddistinguere rispettivamente lo Stato e la Chiesa, oppure sono due caratteristiche che denotano in negativo il protagonista, miserabile nell'aspetto e nell'animo. Ma questa miseria umana che lo accompagna convive con l'orgoglio, che lui stesso considera un ulteriore peccato, di sentirsi, pur nel pericolo, ancora e sempre un prete: semper abbas, dunque.
Accanto alle tematiche forti, che si appoggiano ad un personaggio particolare (che abbina ai difetti consueti del clero secolare la degradante assuefazione all'alcol), inserito in un contesto storico del tutto eccezionale, si spande la maestria artistica dello scrittore, che si insinua come un pungolo dentro la psiche e dentro l'anima del protagonista, e culmina in pagine d'inusitata potenza, come quelle in cui è descritta la notte trascorsa dal protagonista in carcere, fra tentazioni di cedere alla paura e pulsioni al martirio, o quelle nelle quali si vede il prete costretto dalla fame a massacrare di bastonate una povera cagnetta scheletrica e malata per sottrarle l'osso che stava sgranocchiando.