venerdì 30 marzo 2012

Eretici italiani del Cinquecento

Delio Cantimori, Eretici italiani del Cinquecento, Einaudi, 2009, pp. LXII-527, € 23,80
Questa di Cantimori è un'opera fondamentale per la storiografia italiana del Novecento, soprattutto per chi voglia sapere di più riguardo alla storia di quella che allora - nel '500 - era un'espressione geografica e che oggi si chiama Italia, ma anche per chi voglia conoscere di più in materia di storia della teologia, dell'Europa, di circolazione delle idee e, in sostanza, della libertà, per come la intendiamo nella nostra epoca.
Eretici italiani del Cinquecento è una miniera nella quale si fatica ad enucleare qualche singolo tema, perché il filone scoperto da Cantimori è quasi inesauribile.
I nomi degli eretici di cui parla il libro - Giorgio Siculo, Bernardino Ochino, Giorgio Biandrata, Celio Secondo Curione, Sebastiano Castellione, Lelio e Fausto Sozzini ed altri - sono accomunati, oltre che dai natali italici (eccettuato Castellione, che era savoiardo), dall'essere degli intellettuali di matrice umanista, dall'adesione agli ideali della riforma protestante nelle sue diverse configurazioni e da una grande fede. Non sarebbe spiegabile altrimenti che con quest'ultimo aspetto il loro assoggettarsi alle persecuzioni della Chiesa cattolica e delle neonate chiese protestanti nonché il continuo peregrinare per mezza Europa, in cerca di un sovrano tollerante nei confronti del dissenso religioso.
I punti fondamentali della trattazione del libro fanno perno, cronologicamente, sulla condanna a morte e il conseguente rogo di Michele Serveto a Ginevra, ad opera dei Riformati di Giovanni Calvino e, logicamente, sulle speranze di libertà religiosa suscitate dalla Riforma protestante. Se da un lato, infatti, gli scritti di Serveto (il De Trinitatis erroribus e la Christianismi Restitutio) ebbero influenza soprattutto sui "protestanti" italiani - e per nessun altro paese come l'Italia era ed è valido il detto latino tot capita tot sententiae - e quindi tanto più grande fu l'impressione della sua esecuzione su chi fuggiva dall'Inquisizione romana, dall'altro punto di vista grandi furono le aspettative suscitate da un movimento religioso che si proponeva di basarsi rigorosamente sulle sacre scritture. Dove, per esempio, proprio a partire dal Serveto (ma era una posizione già emersa durante i primi anni del Cristianesimo), non veniva rintracciato il dogma della Trinità. Le tendenze anabattistiche che partono dal Serveto e passano per il Gribaldi trovarono terreno fertile tra gli italiani e posero le premesse per le rivendicazioni relative alla libertà religiosa e di pensiero, che animeranno la discussione filosofica nei due o tre secoli seguenti.
Grande storico, quasi un pioniere per il campo di ricerca scelto, Cantimori, umanista del XX secolo, tratta metodicamente le principali figure di eretici - tali sia per i cattolici che per i protestanti - tra le quali sembra di scorgere una certa qual predilezione per le figure ed il pensiero del senese Lelio Sozzini e del suo nipote e divulgatore Fausto, diffusore del pensiero «eretico» sociniano nel regno di Polonia, paese allora ricettivo delle idee che propugnavano un rinnovamento del cristianesimo, dopo che si era rivelato impossibile quello della Chiesa romana.