sabato 8 dicembre 2018

Franco Cardini, Breve storia di Firenze


Franco Cardini, Breve storia di Firenze, 2018, Pacini Editore, pp. 152

Intendiamoci: per esaurire la storia della città di Firenze servirebbero altro che le 130 paginette di questo smilzo volume edito da Pacini. Perfino il minuscolo comune dal quale scrive il sottoscritto ha preteso diversi volumi per la narrazione della sua storia, che peraltro è quasi millenaria. Figuriamoci una città conosciuta nel mondo per la sua cultura e che per un certo periodo ha costituito una delle maggiori potenze economiche a livello europeo.

Lo storico fiorentino Franco Cardini, comunque, riesce a compendiare in un numero ragionevole di pagine una storia che conta circa duemila anni. Lo storico ripercorre le ascese e le cadute di Firenze, annoverandone le figure gloriose, ma senza risparmiare critiche, anche acute, ma sempre ponderate, ai propri concittadini di ogni tempo. Cardini si toglie lo sfizio di rivisitare qualche personaggio secondo schemi che possono sorprendere (secondo quanto si legge in questo libello, per esempio, Lorenzo de' Medici sarebbe stato assai poco "magnifico"), ma senza trascurare alcuno degli episodi notevoli e delle figure storiche - sebbene, per ovvie ragioni di spazio e di tempo, in via di compendio - che hanno reso il capoluogo toscano, obiettivamente, una delle città più importanti nella storia d'Europa.

domenica 4 novembre 2018

Alessandro Tassoni, La secchia rapita


Alessandro Tassoni, La secchia rapita


Non c'è quasi mai niente di più serio delle cose comiche, soprattutto se si tratta di un poema eroicomico, genere letterario di cui il modenese Alessandro Tassoni (1565-1635) rivendicava di essere l'inventore. Sono infatti quattro secoli che la critica letteraria disquisisce con gran copia di libri della Secchia rapita, che evidentemente non è affatto ritenuta un'opera minore. Benché i testi critici sulla Secchia del Tassoni non siano numerosi come sull'Orlando furioso o sulla Gerusalemme liberata, si dibatte fin dai tempi della pubblicazione di questo poema eroicomico sulle incongruenze cronologiche alla sua base e sull'identificazione reale dei suoi personaggi, a cominciare dal celeberrimo antieroe il Conte di Culagna.
Uscito intorno alla quindicina del XVII secolo, La secchia rapita è un poema che ha la fondamentale caratteristica di essere molto divertente. Certo, non è fantasioso come l'Orlando furioso (e nemmeno come l'Orlando innamorato del Boiardo) né profondo come La Gerusalemme liberata, che sono i suoi due modelli più diretti, ma si deve riconoscere al suo autore una notevole maestria nel verseggiare ed anche nel prendere - e volgere a suo interesse - molti materiali diversi, dai tempi antichi di Omero a quelli più recenti. Con tutti questi modelli, tra i quali è da includere L'Eneide (e invece non il Morgante del Pulci, per niente apprezzato dal Nostro), il Tassoni costruisce un qualcosa di originale, affiancando ai personaggi di fantasia persone della sua epoca e gli antichi dei dell'Olimpo, come avveniva nell'Iliade.
E così la contesa tra modenesi e bolognesi per il furto di un comunissimo secchio da pozzo, sotto le spoglie di una contesa epica come quella di achei e troiani, diventa il pretesto per evidenziare "i difetti del secolo", ma anche per mettere alla berlina numerosi contemporanei dell'Autore, le cui identità restano mascherate sotto il nome di personaggi di per sé molto buffi, come il già citato Conte di Culagna o il Potta (crasi del termine potestà), gran condottiero dei modenesi.
Il conflitto si svolge in un'epoca imprecisata del medioevo, mischiando anche eventi reali accaduti in secoli differenti, con scontri avvenuti nel Trecento nei quali resta coinvolto anche Re Enzo - figlio di Federico II di Svevia - caduto in realtà prigioniero dei bolognesi alla metà del Duecento (battaglia di Fossalta, 1249).
Naturalmente il lettore di oggi non è capace di riconoscere i personaggi che nel Seicento dovevano risultare abbastanza noti, ma questo non diminuisce il divertimento né la comicità di certi episodi, come quello in cui il Conte di Culagna tenta di uccidere la moglie con quello che crede essere un veleno ed è invece una potente purga, con la donna che riesce a far ingurgitare la pozione proprio al marito, che poi ne subisce tutte le ridicole conseguenze.
La secchia rapita fa parte del favoloso patrimonio della Letteratura italiana, al pari di altre opere, da riscoprire ed apprezzare.

Lettura della «Secchia rapita», a cura di Davide Conrieri e Pasquale Guaragnella, Argo (2016)

venerdì 12 ottobre 2018

Garret Mattingly, L'invincibile Armada


Garrett Mattingly, L'invincibile Armada, Res Gestae, € 20,00

Per parlare di questo libro, a suo tempo consigliato da Alessandro Barbero in TV, bisogna ricordare innanzitutto che l'autore, Garrett Mattingly, è americano. Simpatizza per gli inglesi ma riesce a non ridicolizzare gli spagnoli. Casomai evidenzia un'empatia perfino eccessiva per le grandi personalità dell'epoca descritta, immedesimandosi nei rovelli politici di Filippo II di Spagna e nei dubbi morali (soprattutto in relazione alla condanna a morte della cugina Maria di Scozia) di Elisabetta d'Inghilterra, ma assolve anche il Duca di Medina Sidonia, capo dell'Armada, ed esalta il ruolo dell'ammiraglio inglese Howard e della sua punta di diamante Sir Francis Drake, il celebre corsaro.
Mattingly inserisce l'evento narrato - la catastrofica spedizione della invencible armada del 1588 - negli eventi europei della sua epoca, con frequenti puntate nella Francia del periodo della "guerra dei tre Enrichi" e, nel tracciare un bilancio finale della disfatta spagnola, ritiene di minimizzarne l'influenza sugli sviluppi successivi della Storia europea: quel che doveva succedere sarebbe comunque successo. È una conclusione sostanzialmente in linea con molta storiografia contemporanea relativa a famosi eventi storici, quelli che (non) hanno cambiato il mondo. (5 marzo 2018)

sabato 22 settembre 2018

Alberto Crespi, Storia d'Italia in 15 film


Alberto Crespi, Storia d'Italia in 15 film, Laterza (2016)

Quella di Alberto Crespi di raccontare la storia dell'Italia unita attraverso 15 film è un'idea indubbiamente vincente e interessante. Naturalmente la scelta dei film è, come sempre, discutibile, ma ha un senso logico, debitamente spiegato dall'autore capitolo per capitolo.
Ovviamente, i film di cui si parla non sono soltanto i 15 eponimi per il periodo o l'evento preso in considerazione. Solo per fare un esempio, il 1948 è raccontato attraverso Don Camillo (l'unico film diretto da uno straniero, il francese Duvivier), ma la saga del parroco di Brescello e del suo rivale comunista Peppone è analizzata nella sua interezza.
Il passare ed il cambiare del tempo sono segnalati dalla presenza di due di quelle che oggi chiameremmo serie televisive, il Sandokan del 1976 e Gomorra, datato quarant'anni dopo. Curiosamente, queste due serie sono dirette da un padre e un figlio, Sergio e Stefano Sollima, peraltro non due tra i maggiori autori del nostro cinema.
Questo di Crespi è un libro che vale la pena di leggere, anche per avere un approccio meno accademico alla storia del nostro paese, senza lasciarsi sfuggire i suoi momenti salienti, che purtroppo sono stati spesso tragici (guerre, dittature, attentati, repressioni poliziesche).
Di seguito i capitoli del libro.

1.      Risorgimento - 1860 (A. Blasetti)
2.      Guerra di Libia - Cabiria (G. Pastrone)
3.      Prima guerra mondiale - La grande guerra (M. Monicelli)
4.      Fascismo - Amarcord (F. Fellini)
5.      8 settembre - Tutti a casa (L. Comencini)
6.      Resistenza - Se sei vivo spara (G. Questi)
7.      Dopoguerra - C'eravamo tanto amati (E. Scola)
8.      '48 - Don Camillo (J. Duvivier)
9.      Boom - Il sorpasso (D. Risi)
10.  '68 - Sandokan (Se. Sollima)
11.  Da Piazza Fontana agli anni Settanta - Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (E. Petri)
12.  Il 1974 - Salò o le 120 giornate di Sodoma (P. P. Pasolini)
13.  Dal magico '89 al berlusconismo - Il caimano (N. Moretti)
14.  Il Duemila - Diaz (D. Vicari)
15.  2016 e oltre - Gomorra - La serie (St. Sollima)
(20 ottobre 2017)

martedì 17 luglio 2018

Mario Vargas Llosa, Il sogno del celta (2010)


Mario Vargas Llosa, Il sogno del celta (2010)

Per chi come me non lo sapeva, costituisce una sorpresa venire a conoscenza che il protagonista di questo romanzo, Roger Casement, è stato una figura storica, una persona realmente esistita, uno dei patrioti celebrati dalla Repubblica d'Irlanda. Il primo interrogativo che ci si pone è perché lo scrittore peruviano Mario Vargas Llosa, Premio Nobel per la Letteratura 2010, abbia voluto scrivere un romanzo incentrato su questa figura di fautore dell'indipendenza irlandese. Lo si capisce durante la lettura: uno dei suoi viaggi culminati in rapporti di denuncia dello sfruttamento degli ultimi del mondo da parte di potenze o compagnie multinazionali straniere lo aveva portato nel Putumayo, una delle regioni amazzoniche del Perù (paese d'origine dello scrittore), incastonata tra i confini con l'Ecuador, la Colombia ed il Brasile, poverissima e tuttavia oggetto di spietato sfruttamento da parte di compagnie straniere per la preziosissima presenza del caucciù.
Il romanzo inizia quando il protagonista si trova già nel carcere inglese di Pentonville Prison, in attesa della condanna a morte per alto tradimento nei confronti della Gran Bretagna. Era successo che le esperienze nel Congo (proprietà della corona belga) e nel Putumayo peruviano, sfociate in clamorose quanto infruttuose denunce delle gravissime condizioni di sfruttamento, condito da violenza, nei confronti delle popolazioni locali, avevano instillato in Roger Casement il germe del nazionalismo irlandese, spingendolo ad equiparare le condizioni dell'Irlanda, soggetta al dominio inglese, a quelle dei paesi dei quali aveva denunciato lo sfruttamento.
Casement era nato in Irlanda da genitori anglicani, ma la madre lo aveva fatto battezzare all'età di tre anni secondo il rito della chiesa cattolica. L'avvicinamento all'ideologia nazionalista irlandese accosta l'uomo al cattolicesimo, al quale aderisce il giorno dell'esecuzione della condanna, nella prigione nella quale è recluso. Perché Casement viene condannato per alto tradimento nei confronti della corona britannica? Divenuto un diplomatico di alto rango nell'ambito dell'amministrazione di sua maestà, nel suo impegno rivoluzionario teso al riconoscimento dell'indipendenza dell'Irlanda dal governo di Londra, Roger Casement aveva commesso il grave errore di fare affidamento sulla Germania per raggiungere il proprio obiettivo. Siamo infatti nel 1916, in piena Prima Guerra Mondiale ed il mettersi sotto l'ombrello tedesco costituisce, per l'appunto, alto tradimento nei confronti del paese d'appartenenza (sebbene non più sentito come tale). Per la cronaca, il 1916 è lo stesso anno in cui viene condannato a morte e giustiziato dal governo austriaco Cesare Battisti, formalmente suddito della monarchia asburgica, ma italiano a tutti gli effetti, arruolatosi nell'esercito italiano e catturato dagli austroungarici con le armi alla mano. In questo suo impegno con i tedeschi, dalla cui vittoria bellica sperava di ottenere una rapida indipendenza dell'Irlanda, Casement si trova contro anche tutti gli amici irlandesi, nazionalisti come lui, che tuttavia combattono la guerra dalla parte degli inglesi, trovandosi alla fine alleato di una ristretta cerchia di fanatici nazionalisti gaelici.
Il protagonista del romanzo, in conclusione, vede respinto ogni appello alla clemenza e per la commutazione della condanna a morte, anche perché, al momento dell'esame della richiesta di grazia, vengono resi pubblici i suoi Black Diaries, nei quali sono rivelate con dovizia di particolari le sue tendenze omosessuali, all'epoca costituenti ancora un reato in Gran Bretagna e viste comunque con ostilità anche da parte della comunità cattolica irlandese.
Allo scrittore sembra interessare soprattutto il percorso umano del protagonista, che prende coscienza dello sfruttamento che pervade il mondo di cui fa parte, fautore di un colonialismo ipocrita che non ha come scopo l'uomo ma il profitto e come filosofia una volontà di potenza ammantata da intenti falsamente civilizzatori. Casement si sobbarca un ruolo da redentore e lo fa commettendo una miriade di errori, assumendo su di sé contemporaneamente i ruoli di Gesù Cristo e di Giuda Iscariota, dell'intellettuale e del martire, di un essere umano che viene condannato dalla giustizia civile ma perdonato dal tribunale religioso. La spinta etica raccontata nel libro, unita alle contraddizioni di una vita non in linea con gli standard del tempo (per qualche aspetto Casement ricorda la figura di Pasolini), rende il personaggio particolarmente vicino al lettore, che lo vede come una (forse) fastidiosa ma necessaria coscienza critica di sé stesso e della società in cui vive.
Il sogno del celta, cioè l'indipendenza dell'Irlanda, si realizzerà soltanto dopo la morte di Casement, nel 1922. Ma il romanzo di Vargas Llosa ci informa, alla conclusione, che il diplomatico anglo irlandese è oramai assurto nel pantheon degli eroi della Repubblica. Tocca a chi legge, in questo caso, stabilire se il romanzo abbia un lieto fine oppure no.