Claudio Gianotto, Giacomo, fratello di Gesù, Il
Mulino, 2013, pp. 144, € 13,00
Quando ho parlato a mia madre di Giacomo, fratello di Gesù, lei ha
commentato «è una specie di Il codice Da
Vinci, insomma». E invece no, tutt'altro. Claudio Gianotto non è un romanziere d'assalto, interessato
all'esoterismo, alle trame segrete dell'alta finanza e a scalare le classifiche
di vendita, bensì un serissimo professore universitario di Storia del
Cristianesimo. È infatti ormai assodato che Gesù ebbe dei fratelli, il più
influente dei quali fu appunto Giacomo, detto il Giusto. Fu quest'ultimo a
prendere le redini del movimento alla morte del fondatore, almeno fino a che,
tra i seguaci del Cristo, prevalse quella che potremmo definire l'ala petrina e
paolina. Se, infatti, il Cristianesimo nacque e si sviluppò all'interno dell'Ebraismo,
con il suo diffondersi attraverso l'Impero Romano entrò in contatto con gli
aderenti a tutti gli altri culti professati in quello Stato, e in particolare
con la parte più numerosa, cioè con i cosiddetti pagani. Era inevitabile che,
non fosse altro che per ragioni puramente numeriche, la porzione di Cristiani
di origine ebraica diventasse ben presto minoritaria. E quindi i contrasti dottrinari
e pastorali tra Giacomo da una parte e Paolo dall'altra videro un'iniziale
prevalenza del primo, ma nella storia della Chiesa è stato il secondo a
prevalere nettamente e definitivamente. Questo è tanto vero che di Giacomo il
Giusto si è perfino persa la memoria, anche tra coloro che praticano i riti
cristiani in generale. Molti lo confondono ormai con il discepolo conosciuto
come Giacomo il Maggiore e invece era uno dei figli di Maria, o forse di
Giuseppe, insomma, fratello vero di Gesù.
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