venerdì 20 gennaio 2012

Kenji Mizoguchi

Dario Tomasi, Kenji Mizoguchi, Il Castoro, 1998, pp. 205, € 9,50
Dario Tomasi è il maggior esperto italiano vivente di cinema giapponese. E il suo "Castoro" costituisce la vera e propria Bibbia sul regista nipponico, purtroppo ancora poco conosciuto nel nostro paese. Il merito principale di Tomasi è quello di non focalizzare l'attenzione soltanto sui quattro grandi capolavori degli anni Cinquanta, piuttosto noti in Europa (almeno agli appassionati), ma di andare a scandagliare anche opere meno note degli anni Trenta e Quaranta, come "Le sorelle di Gion" o "La vendetta dei 47 Ronin". Sono film, anche questi, importanti e spesso all'altezza dei lavori più riusciti del regista di Tokyo. Certamente, Tomasi, da grande conoscitore di cinema, immerso nel mondo del cinema, talvolta si sofferma su elementi che potrebbero apparire quasi frutto esclusivo di pignoleria, fino a cronometrare la durata di alcuni piani-sequenza, ma ci rivela anche preziose informazioni sulla tecnica cinematografica (solo per fare un esempio, la differenza tra piano-sequenza e long take) e sul modus operandi di Mizoguchi. Viene sfatato, fra gli altri, il luogo comune secondo il quale il regista giapponese sarebbe stato una specie di maniaco del piano-sequenza, mentre invece egli ha saputo intelligentemente ed elasticamente variare, almeno a partire dai film degli anni Trenta, il montaggio classico, fatto di stacchi, con il cosiddetto "montaggio interno" all'inquadratura, costruito grazie alla profondità di campo, ai movimenti di macchina e agli spostamenti degli attori sulla scena. Tomasi si sofferma, poi, sui temi cari al regista e ricorrenti nel suo cinema, sviluppati anche grazie alla collaborazione con il prezioso sceneggiatore Yoshitaka Yoda, come la generosità di donne che si sacrificano, talvolta fino a perdere la vita o la dignità, per i loro uomini (mariti, fidanzati, figli o fratelli), molto spesso descritti come esseri gretti e formalisticamente aggrappati alle tradizioni, quasi sempre ingrati, oppure come l'ambientazione del film nel mondo ambiguo e difficile delle geisha. E Tomasi speiga la ricorrenza di queste tematiche con la biografia del regista, che da piccolo vide i genitori vendere la sorella maggiore ad una casa di geisha: e successivemante fu proprio la sorella, andata sposa ad un uomo ricco, ad aiutare molto il giovane Mizoguchi nell'avvio della propria carriera artistica.

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