sabato 28 gennaio 2012

Il venditore di pianeti

Marco Sommariva, Il venditore di pianeti, Tropea, 2008, pp. 218. € 12,00.
Ho avuto la fortuna di poter scambiare, via internet, qualche parola con l'autore del libro, ed anche la fortuna di azzeccare un paio di riferimenti letterari desumibili dalle sue pagine. Gli ho chiesto se l'ultimo Bukowski (quello di Pulp) e il Benni di Bar Sport potessero essere riferimenti plausibili per il suo romanzo e lui mi ha risposto che Bar Sport non l'ha mai letto, ma che gli ultimi due libri che aveva letto prima di scrivere Il venditore di pianeti erano Pulp di Bukowski e Baol di Benni. Ci aggiungerei un po' di Kafka (l'incontro con il vecchio su cui l'Io narrante, alla fine, vomita, ricorda la dormita di K. del Castello), ma quello che colpisce è il risultato originale ottenuto da Sommariva, che scarnifica la scrittura all'essenziale, per concentrarsi sui dialoghi, che sono talvolta comici, molto più spesso surreali, come una scenetta di Ale e Franz, periodo Gin&Fizz. Non direi che si tratta di un capolavoro - come hanno fatto alcuni incauti commentatori, anche sul sito dell'Internet Bookshop - e credo che, nella sua apprezzabile modestia, non lo direbbe neppure l'autore. Però questa quest (che bel bisticcio di parole) postmoderna, attraverso una Sestri invasa dal vapore che esce dalle fogne, per trovare un venditore di pianeti, omonimo di un più prosaico arrotino, che comunque non ha granché da rivelare, colpisce perché consente di entrare in contatto con un'umanità che pare avere "già dato" in quanto a grandi sogni, ma che, nel suo piccolo, può fare ancora molto, come insegna il bel gesto di Carlo Tomaszewski, sempre alla ricerca della grande parata. Il difetto del romanzo risiede, secondo me, in una costante ricerca a tutti i costi della battuta ad effetto, come se si trattasse del testo di un comico da cabaret, nonché nella descrizione di un'umanità tutta fin troppo maschilista, dove le donne sono fedifraghe oppure prostitute di professione. Oppure le solite sorelle o madri da tirare in ballo quando c'è un "maschio" da offendere.

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