venerdì 20 gennaio 2012

MAURO BOLOGNINI

MAURO BOLOGNINI
di Pier Maria Bocchi e Alberto Pezzotta
Il Castoro Cinema n° 228
Pagine 208; Prezzo: 13,90; Con 170 fotogrammi b/n

«Un regista rimosso». Così Alberto Pezzotta comincia la sua introduzione alCastoro – altrove scritto a quattro mani con Pier Maria Bocchi – su Mauro Bolognini (1923-2001). Che regista è stato Bolognini? È davvero stato il pallido esteta descritto dalla critica tradizionale? Secondo Pezzotta e Bocchi (e, per quel che conta, anche secondo me) no. Bolognini è stato innanzitutto un regista tecnicamente preparatissimo che, nel cinema italiano, ha portato avanti una sua piccola rivoluzione, usando, quasi sempre finemente, la tematica del sesso, uno degli elementi che sono spesso serviti da cartina di tornasole per valutare l’evoluzione – o meglio: l’involuzione – del costume nazionale. Com’è naturale, per un regista che ha attraversato più di quarant’anni di cinema (da Ci troviamo in galleria, del 1953, al televisivo La famiglia Ricordi, del 1995), la carriera di Bolognini ha avuto l’andamento di una parabola, la quale ha conosciuto la sua parte più alta nel periodo a cavallo tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta. È stato triste, invece, il suo declino, segnato da film poco riusciti, come La venexiana (1986), Mosca addio(1987) e La villa del venerdì (1991), caratterizzati in partenza da difficoltà o vessazioni produttive ed il cui difetto principale consiste nel non essere opere veramente personali, anche a causa dell’influenza «appiattente» della televisione (basti vedere La storia vera della Signora delle CamelieLa Certosa di ParmaGli indifferenti). Oggi quasi dimenticato, Bolognini è stato, secondoBocchi, autore della chiosa al Castoro«un regista fuori dal coro» del cinema italiano, perché antifamilista ed anticlericale, e quindi inviso a quei potentati che facevano (e forse ancora fanno) capo alla Chiesa ed ai maggiori partiti politici (e di conseguenza a produttori, finanziatori ecc.), ma anche perché omosessuale, o meglio, come scrive Bocchi, in quanto Bolognini regista «è frocio nello sguardo sul mondo, perché racconta sempre di personaggi che, nel bene e nel male, non ci stanno».

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