lunedì 16 gennaio 2012

Lo Zar non è morto

Il Gruppo dei Dieci, Lo Zar non è morto, Sironi, 2005, pp. 442, € 17,00.
Pubblicato nel 1929, questo romanzo di fantapolitica (l'azione è posta nel 1932) che non figurava negli annali della letteratura italiana, è stato misteriosamente ripescato alla fine del 2004 da Giulio Mozzi presso un libraio antiquario e ripubblicato dalla padovana Sironi. I dieci autori - alcune tra le più belle penne del primo Novecento, tra i quali Marinetti e Bontempelli, - hanno scritto un "grande romanzo d'avventure" (questo il sottotitolo del libro), con spirito salgariano, partendo dall'assunto che lo Zar di Russia non fosse morto nell'eccidio di Ekaterinburg.
Dico subito che secondo me il substrato fascista che sta dietro al libro, oltre che fornire pagine involontariamente comiche (emblematico il capitolo XXX, quando una scena d'amore descritta con accenti alla Liala viene interrotta da una specie di "comunicato" burocratico di stile marziale), inficia in gran parte la riuscita dell'intera operazione. Si ha l'impressione, come ha giustamente fatto rilevare Teo Lorini su PULP n. 59 (la cui recensione riporto in parte qui sotto) di assistere a una specie di Fascisti su Marte, con la differenza che lo spettacolo di Corrado Guzzanti era volutamenteridicolo. Qui l'eroismo, il machismo italico e la missione anticomunista di Roma raggiungono livelli da macchietta. A mio parere paragoni che sono stati fatti con romanzi contemporanei scritti da gruppi di scrittori non sono propriamente proponibili, e comunque Q di Luther Blissett (prima manifestazione pubblica degli attuali Wu Ming) mi è piaciuto cento volte di più. Ciononostante, rispetto i critici, anche autorevoli, che hanno elogiato Lo Zar non è morto, le cui pagine sono quanto meno scritte bene e scorrevoli. Certo, la premessa, e cioè che il popolo russo avesse una gran nostalgia dello zar (un vecchio rimbambito che fa rimbambire anche chi se lo trova davanti, visto che tutti non riescono che ad esclamare "piccolo padre!"), così poco verosimile, danneggia la verosimiglianza della trama. Mette tuttavia tristezza vedere scrittori come l'autore di Mafarka il futurista ridotti a tessere le lodi di un'eventuale alleanza tra la Roma dei cesari e dei duci con la grande madre Russia e la Santa Madre Chiesa: non si dimentichi che siamo nell'anno dei Patti Lateranensi, ed anche il padre del futurismno deve piegare il collo.
La già gustosa summa di erotismo, esotismo e avventura è ulteriormente arricchita dalla spezia piccante del côté fascista: composto nel pieno dei furori del Ventennio, lo Zar non può che avere fra i protagonisti, accanto alla fatale spia britannica Oceania World (!), agenti italiani di categorica scaltrezza e maschia audacia. L'effetto è quello di un Fascisti su Marte ad alto budget, in cui le sorprese da feuilleton si alternano a una propaganda tanto ruffiana da diventare irresistibilmente comica, che ipnotizza e trascina il lettore dalla "China" (!) al Bosforo, dal Vaticano alla Russia, fra un'imboscata e l'altra dei ferocissimi "Sovieti" (!!), fino all'ultimo, apocalittico, colpo di scena su cui cala il sipario e scrosciano i meritati applausi. (Teo Lorini)

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