lunedì 16 gennaio 2012

Ianto

Niall Griffiths, Ianto, Feltrinelli, 2005, pp. 283, € 14,00.
Questo romanzo è una scarica di pugni e calci nello stomaco del lettore. Quanto salutare, poi, potrà giudicarlo soltanto il lettore medesimo.
Ambientato in un Galles quanto mai selvaggio e lontano dalla civilizzata Europa, racconta le gesta atroci e la morte altrettanto atroce del giovane Ianto, che dà il titolo italiano al libro dell'inglese Niall Griffiths, nato a Liverpool, ma che porta un nome che sa di irlandese e gallese piuttosto che d'inglese. E per gli inglesi in questo libro c'è solo odio. A cominciare dal titolo originale, Sheepshagger, che è l'appellativo dato dagli inglesi ai ruspanti gallesi, popolo di pastori; e infatti non significa altro che Trombapecore.
Nell'odio per gli inglesi e nelle ferite inferte al Galles e al piccolo Ianto, così come la completa adesione a una natura selvaggia e violenta, con la contraddizione della fuga nei paradisi (o inferni) artificiali creati dalla chimica e dalla musica techno - due delle invenzioni più assurdamente idolatrate dai giovani perfettamenti descritti già in Trainspotting libro e film, risiede la ragione di vita e di morte del protagonista.
Griffiths sa indubbiamente scrivere e lo dimostra riuscendo a tenere viva l'attenzione del (sempre più scioccato) lettore, nonostante alcune pagine letteralmente da voltastomaco, con descrizioni minuziose di pratiche mai così esplicitamente crude in un libro: perversioni da far impallidire il Mickey Sabbath del libro di Philip Roth e omicidi così efferati e difficili da surclassare il terribile assassinio di Decalogo 5 di Kieslowski. In tanta minuzia nel descrivere tali violenze, fa capolino il sospetto di eccessiva programmaticità, specialmente quando alla violenza sessuale si accompagna l'insulto razzista nei confronti dei gallesi e quando alla vendetta si accompagna un sentimento di rivincita nazionalista gallese.

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