venerdì 20 gennaio 2012

Don Chisciotte

Miguel de Cervantes - Don Chisciotte, Einaudi, 2005, 2 voll., pp. LXIII-1212. È sicuramente mia massima colpa il non avere apprezzato pienamente questo capolavoro. Purtroppo, il libro diCervantes mi è sembrato molto, forse troppo, lungo e, contrariamente a quanto hanno detto quasi tutti coloro che l’hanno letto, pochissimo divertente. E comunque, pochissimo comico. Nonostante illustri critici (come Erich Auerbach) ne abbiano lodato l’allegria, io vi ho trovato pochissima allegria e, caso mai, molta allegoria. Soltanto per fare un esempio, l’iniziale rogo dei libri da parte del curato e del barbiere del villaggio mancego di Don Chisciotte mi ha ricordato molto da vicino i roghi dei libri messi all’indice da parte dell’Inquisizione spagnola. Non ci si dimentichi che il romanzo è stato scritto ai primi del Seicento e che Cervantes stesso non era uno stinco di santo. In ogni caso, le caratteristiche che mi hanno colpito negativamente nel Don Chisciotte sono una certa tendenza a divagare nel primo volume e un’eccessiva preoccupazione (da parte dell’autore) esegetica nel secondo. Detto ciò, dopo avere confessato la mia incapacità di apprezzare completamente l’opera di Cervantes, mi taccio, di fronte ad un monumento della letteratura mondiale.

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