venerdì 20 gennaio 2012

Memoriale

Paolo Volponi, Memoriale, Einaudi, 2007, pp. 238, € 11,00.

Un romanzo bello e interessante. Letteratura industriale, d’accordo, ma non solo. Perché dietro all’opera prima di Volponi c’è l’esperienza della guerra, la malattia fisica e mentale, la psicanalisi freudiana (il protagonista soffre di un forte complesso di edipo) e poi, indubbiamente, al tempo stesso sfondo e protagonista, la grande industria. E per la prima volta, a differenza del precedente “Donnarumma all’assalto” (1959) di Ottiero Ottieri (anche lui, come Volponi, funzionario dell’Olivetti), l’operaio è il centro narrante, che porta il lettore dentro la fabbrica. Ed è interessante anche l’approccio con gli altri operai, quelli che vengono in contatto con questo Albino Saluggia, indubbiamente malato nei polmoni e nella psiche: quando si parla degli operai, essi sembrano una massa indistinta, ma quando il protagonista si avvicina, ogni operaio assuma una sua distinta fisionomia, ed ognuno ha i propri problemi, molti dei quali connessi al lavoro in fabbrica. Albino vede nell’assunzione nella fabbrica come una speranza di rinascita e invece essa, anche per il carico di esperienze e problemi che egli si porta dietro, si rivelerà una vera e propria via crucis, senza possibilità di riscatto. Alla fine del romanzo, lo stesso Albino se ne renderà conto e questo potrebbe anche essere un primo passo verso una presa di coscienza del fatto che nessuno potrà aiutarlo come egli aveva sperato (il capoturno, il maresciallo dei carabinieri, il parroco, un guaritore, il presidente della fabbrica…). Potrà e dovrà contare soltanto sulle proprie forze. Con questo romanzo, Volponi mette al centro del dibattito letterario la fabbrica, oggetto ancora molto misterioso per gli italiani, che restano sostanzialmente (e lo erano, a maggior ragione, all’alba degli anni Sessanta) un popolo di contadini.

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