sabato 28 gennaio 2012

Fascisti rossi

Paolo Buchignani, Fascisti rossi, Mondadori, 2007, p. 316, € 9,80.
Qui si parla essenzialmente dei primi anni di vita (1947-1953) della rivista Pensiero Nazionale, che riunì, nel dopoguerra, una serie di personalità le quali, dopo la fine del fascismo, si accostarono ai partiti di sinistra e in particolare al PCI. Gli avversari politici li definivano "fascisti rossi", mentre essi preferivano chiamarsi "ex fascisti di sinistra". Capeggiati dal giornalista sardo Giovanni De Rosas, meglio conosciuto come Stanis Ruinas, i fascisti rossi che facevano capo al Pensiero Nazionale, sostenevano di avere aderito al Fascismo per le istanze che portava avanti originariamente: l'idea repubblicana, laica e di socializzazione delle risorse e dei mezzi di produzione. Propugnavano sostanzialmente un ideale socialista, sulla base della loro idea che Mussolini fosse un rivoluzionario di sinistra, i cui ideali furono traditi dai tanti gerarchi compromessi con il grande capitale. Ruinas ce l'aveva soprattutto con quei gerarchi che definiva "il Granducato di Toscana", quelli alla Ciano, per intenderci, che intesero l'adesione al Fascismo in funzione conservatrice. Dopo la guerra, Ruinas e i suoi sodali (per la maggior parte ex marò della Repubblica Sociale Italiana, come Lando Dell'Amico, Giampaolo Testa e Alvise Gigante) sentirono che, mentre il neonato MSI si spostava su posizioni conservatrici, filomonarchiche e filoatlantiche - andando ad abbracciare i tradizionali avversari dell'Inghilterra e degli Stati Uniti d'America -, le istanze tipiche del Fascismo delle origini erano ormai portate avanti soltanto dal blocco socialcomunista. Più o meno in segreto, dunque, gli aderenti alle ideee del Pensiero Nazionaleintavolarono trattative con Botteghe Oscure, di cui si fecero (come diceva senza mezzi termini lo stesso Ruinas) fiancheggiatori nelle campagne elettorali e politiche in genere. La presa di posizione di redattori e simpatizzanti del Pensiero Nazionale non fu certo dovuta a ragioni opportunistiche, poiché è un dato di fatto che essi scontarono anni di solitudine politica e non soltanto politica; alcuni di loro, in primis Ruinas medesimo, furono anche incarcerati  e comunque sempre tenuti sotto controllo dalla polizia del Ministro degli Interni Mario Scelba. Quello che chiedevano Ruinas e soci era in sostanza una sorta di riconoscimento del loro essere sempre stati dalla parte delle forze lavoratrici, anche quando, sbagliando in buona fede, avevano ritenuto che le istanze delle classi più deboli fossero rappresentate dal Fascismo. La rivista Pensiero Nazionale fu pubblicata fino al 1977 (Ruinas morì a Roma nel 1984), ma già dopo le elezioni politiche del 1953, quelle della famosa "legge truffa", con la cessazione della collaborazione con il PCI di Togliatti, essa aveva cessato la sua funzione storica, quella di "traghettare" i repubblichini verso i partiti di sinistra.
Il saggio di Buchignani è molto interessante e documentato, anche se inevitabilmente indirizzato ad un pubblico se non di addetti ai lavori, quanto meno di iniziati delle vicende politiche del nostro paese.

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