venerdì 20 gennaio 2012

La terra desolata

T.S. Eliot, La terra desolata, Einaudi.
"Con questi frammenti ho puntellato le mie rovine". Così Thomas Stearns Eliot conclude il suo poemetto La terra desolata, una delle sue opere più importanti. Qui il poeta angloamericano giunge ad una delle conclusioni più pessimiste che sia stato dato di leggere: per l'Autore, la vita è la morte, e la vita è ridotta al trinomio, ontologicamente inutile, nascita/copula/morte. E forse con quest'opera, magistralmente tradotta ed introdotta (ed annotata a margine) dal grande Mario PrazEliot, che attraversa l'inferno dantesco con l'ironia di un dandy decadente e la consapevolezza che prima di lui ci sono passati anche i poeti maledetti come Rimbaud Lautréamont, comunica che la poesia - forse meglio o forse ad un altro livello rispetto alla fede - può fungere da pagliuzza da afferrare prima che affondi questa malridotta nave fenicia sulla quale ci è capitato di navigare.

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