lunedì 16 gennaio 2012

Nel fango del dio pallone

Carlo Petrini, Nel fango del dio pallone, Kaos, 2000, pp. 192 ill., € 14,00.
Nel fango del dio pallone è un libro che non può lasciare indifferenti, perché parla di una cosa che volenti o nolenti entra nella vita di tutti noi, cioè il calcio. Questo sport (?), così affascinante e tuttavia così invadente, lo si ama o lo si odia: anche chi dice di non interessarsi di calcio lo dice con un tono che quasi mai nasconde pura e semplice indifferenza. Petriniin questo libro racconta la propria vita, che però si intreccia inevitabilmente con il calcio italiano degli ultimi trent'anni. Forse soltanto uno come Petrini poteva scrivere un libro del genere: un calciatore di mezza tacca, arrivato spesso a un passo dalla gloria (giocò nel Milan diRivera e Nereo Rocco, poi nella Roma di Liedholm) e sempre ricacciato indietro. Fin dall'inizio si capisce che la vita di Petrini non sarà facile: partito dalla natìa Monticiano (SI) per Genova, perde bambino il padre e la sorella e rimane solo con la madre, forse l'unica donna che abbia mai amato. La carriera calcistica la vive come una sfilza di partite giocate nel fango e di donne "scopate" (il termine non è usato casualmente: probabilmente voleva differenziare lo scopare dal fare l'amore) una in fila all'altra. Le passioni dei calciatori come Petrini erano appunto le donne e le auto, l'altra i soldi, che servivano per le une e per le altre. La carriera di Petrini si chiude ingloriosamente con lo scandalo del calcioscommesse, di cui fu uno dei protagonisti, ma non la storia del libro, che continua con il dopo calcio, un crac finanziario che costringe Petrini alla fuga all'estero e la dolorosa perdita di un figlio diciannovenne, morto in un letto d'ospedale desiderando di rivedere il padre che invece non sarà al suo capezzale.
Quello che emerge da questo libro è il ritratto di un'anima nera, di un personaggio che sta a metà tra il Mickey Sabbath del Teatro di Sabbath di Philip Roth e il protagonista del romanzo Arrivederci amore, ciao di Massimo Carlotto, un essere superficiale e arrivista cui a un certo punto la vita presenta, tutti insieme, i propri conti. A merito di Petrini va lo slancio che lo ha spinto a raccontare queste storie infami di cui non nega di essere stato protagonista e, fino a prova contraria, la sua sincerità, tanto è vero che a un certo punto biasima addirittura Dio, per essersi preso un ragazzo di diciannove anni (il figlio Diego) ed aver lasciato vivere "un essere" come lui. Dall'altra parte, Petrini lancia accuse che meriterebbero quanto meno un maggiore approfondimento e le repliche delle persone a vario titolo chiamate in causa. I silenzi che circolano intorno a questo libro alimentano i sospetti di un mondo che sembra davvero annegare nel fango.

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