sabato 9 marzo 2013

Anna Funder, C'era una volta la DDR, Feltrinelli, 2010, pp. 256, € 8,00

Dice la Funder che per comprendere cosa sia stata la DDR è necessario raccontare le storie delle persone comuni, non solo degli attivisti o degli scrittori famosi. E forse è anche più facile, perché consente di non doversi leggere e studiare libri e documenti sull'argomento: basta intervistare qualche sopravvissuto. Operazione anche questa non difficile, poiché stiamo parlando di una storia che è finita meno di un quarto di secolo fa e che anche chi, come il sottoscritto, non è particolarmente vecchio, si ricorda più che bene. Questo è uno dei difetti di C'era una volta la DDR, un libro che fin dal titolo rimanda alle favole per ragazzi, ma che, non so quanto appropriatamente, si trova nel reparto di Storia delle librerie. Gli altri difetti risiedono principalmente nella scrittura della scrittrice australiana, che affronta il libro con un approccio prettamente femminile, sia nello stile che nell'oggetto del racconto: non a caso, dalla parte delle vittime, si trovano quasi tutte donne, mentre dal lato dei "carnefici", gli agenti della Stasi, si trovano tutti rappresentanti del sesso maschile. Eppure, la premessa era che nella DDR un cittadino su sei era un agente del famigerato servizio segreto: che fossero tutti maschi? Poi c'è lo stile della Funder, che indulge fastidiosamente a raccontare particolari inutili ed autoreferenziali, quasi che avesse bisogno di riempire le pagine con notazioni personali, le quali, nell'economia del libro (non lo definirei, come fa la Feltrinelli, "saggio") rivestono un'importanza pressoché nulla. Faccio un solo esempio, ma il libro è pieno zeppo di periodi come questo: «Mi reggo alla maniglia della portiera con una mano e tengo stretto lo zainetto in grembo con l'altra. Mi chiedo se lo zainetto possa avere un qualche effetto come airbag». A merito della scrittrice va la passione con la quale racconta le storie di gente comune, la cui vita è stata condizionata, quando non rovinata, dalla presenza pervasiva di un regime che si manifestava spesso attraverso la sua polizia segreta e che si era fatto conoscere dal resto del mondo grazie alla costruzione di un Muro, vigilato dal filo spinato e da guardie pronte a sparare.
Chi voglia sapere di più sulla Repubblica Democratica Tedesca (1949-1990) deve rivolgersi ad altri testi; ma anche opere cinematografiche, come Le vite degli altri (2006) di Florian Henckel von Donnersmarck, o letterarie, come Tentativi di avvicinamento (1980) di Hans Joachim Schädlich.

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