domenica 9 giugno 2013

Sbatti Bellocchio in sesta pagina

Steve Della Casa e Paolo Manera, Sbatti Bellocchio in sesta pagina, Donzelli, 2012, pp. 228, € 18,00

Davvero interessante questo libriccino edito l'anno scorso dalla Donzelli, che raccoglie un florilegio di commenti cinematografici usciti sulle pubblicazioni della sinistra extraparlamentare nel periodo che va dal 1968 al 1976 (e i due autori, nella postfazione, spiegano il perché dello stop proprio al 1976). Si tratta di commenti, usciti quasi sempre anonimi, su quotidiani o riviste quali Lotta continua, il manifesto, Servire il popolo, il Quotidiano dei lavoratori. Quello che salta all'occhio è che si tratta, per un buon novanta per cento, di stroncature, anche dure e fatte con linguaggio provocatorio, di film importanti e soprattutto di autori "di sinistra", ma spesso giudicati spregiativamente dei riformisti. Tra i registi più stroncati, oltre a quello citato nel titolo (ovviamente con il suo Sbatti il mostro in prima pagina), Bertolucci (per Novecento), i fratelli Taviani (con Allonsanfàn) ed Elio Petri, in particolare per il suo La classe operaia va in paradiso, quasi unanimemente valutato come troppo riformista e vicino al metodo trattativistico dei sindacati confederali. I recensori delle testate prese in esame (oltre a quelle già citate, anche Re nudo, La vecchia talpa e Vedo rosso) capiscono assai bene l'importanza, se non altro propagandistica, del cinema - visto anche come momento di svago intelligente, ed alternano intuizioni anche geniali con cantonate epocali (basti pensare alle stroncature su Arancia meccanica e Barry Lyndon di Kubrick), mettendo comunque in evidenza un modo di ragionare quasi sempre offuscato dal paraocchi dell'ideologia marxista-leninista-maoista, tanto da condannare, quasi senza eccezioni (l'eccezione è data, intelligentemente, da Bersaglio di notte di Arthur Penn), sebbene per motivazioni ideologicamente diverse, il cinema americano.
Non foss'altro perché gran parte della classe dirigente di oggi, anche su schieramenti opposti, proviene dalle fila di quelle formazioni a sinistra del vecchio PCI, è interessante vedere come pensassero e come scrivessero queste avanguardie della classe operaia. E cosa pensassero degli autori cinematografici che, almeno in Italia, erano convinti di interpretare le loro istanze in campo artistico. Anche perché, in ogni caso, è sempre meno noioso parlare di cinema che di politica.

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